Intervista con l’autore: Cristian Bragaglio e il suo primo romanzo
Da Instagram al successo di “Ho parlato di te alla luna e lei mi ha regalato le stelle”
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Le sue opere spopolano su Instagram, i suoi monologhi sono virali su TikTok e nel 2023 ha pubblicato Ho parlato di te alla luna e lei mi ha regalato le stelle, il suo primo romanzo.
Cristian Bragaglio è, a oggi, una delle personalità più attive sui social, dove ha dato vita a una comunità di fedeli follower che si riconoscono nei pensieri e nelle frasi che, dall’inizio della pandemia, lo hanno reso celebre su Ig.
Recentemente ho letto il suo romanzo e, dopo aver trovato molti punti in comune con la sua storia personale, ho deciso di intervistare Cristian, perché sentivo il bisogno di conoscerlo più a fondo.
Ho parlato di te alla luna e lei mi ha regalato le stelle è un’opera autobiografica, è il bisogno di mettersi a nudo per scoprire e capire se stessi, è un’analisi nero su bianco del proprio io più profondo; un’azione che, forse, tutti dovremmo fare per riuscire a conoscerci più a fondo.
In un momento di scoperta del sé che io stesso sto affrontando, questo romanzo ha saputo cullarmi. Come stretto in un abbraccio, Cristian, con le sue parole, mi ha aiutato a comprendere che non c’è un modo sbagliato di essere, di vivere la propria esistenza; ciò che conta, alla fine, è riuscire a trovare la propria strada, quella che conduce ogni di noi alla sua personale luna.
A oggi chi è Cristian Bragaglio?
Ultimamente mi ritengo un osservatore silenzioso… ma in ascolto!
Provo a dare forma a qualcosa, forse all’invisibile, a ciò che si muove nel tempo, nella memoria o nelle emozioni.
Attraverso la voce, la pittura e la scrittura cerco di raccontare ciò che spesso non si dice: le assenze, le attese, la bellezza fragile delle cose non dette.
Sono un cambiamento costante e confusionale, tra gesti istintivi e pensieri che restano troppo a lungo.
Ho sempre amato “non definirmi”, ma oggi so che ogni opera che creo è una piccola confessione, un dialogo aperto con chi guarda, con chi sente, con chi si riconosce anche solo per un attimo.
Com’è dare voce ai propri pensieri? E soprattutto a quelli di altre migliaia di persone?
È un processo delicato. Dare voce ai miei pensieri significa mettermi a nudo, capire cosa sento davvero e provare a trasformarlo in qualcosa che possa essere condiviso.
Quando le persone si ritrovano in quello che creo, mi rendo conto che le emozioni non sono mai solo nostre. In fondo, anche se partono da me, quei pensieri appartengono a tutti. Io provo solo a tradurli con onestà.
Da cosa è scaturito il bisogno di scrivere un libro? Qual è il processo creativo che vi è alle spalle?
Ho parlato di te alla luna e lei mi ha regalato le stelle è stato un modo per mettere ordine nel caos del mio passato, per dare spazio a tutto quello che avevo dentro, anche alle parti più fragili.
Il processo creativo è stato complesso, perché ho dovuto imparare ad ascoltarmi in silenzio, a restare anche dove faceva male. Non è stato un semplice mettere in fila le parole; è stato un vero percorso di immersione e scoperta. Ogni testo, anche se romanzato, è nato da un momento vissuto, da un vuoto, da una presenza, da una domanda lasciata sospesa.
Nel tuo romanzo si legge: «Perché ogni volta che provavo ad aprirmi il mondo mi masticava e mi sputava via come se fossi stato il peggiore dei rifiuti». Come sei cambiato rispetto agli anni in cui pensavi questo di te?
Quella frase rappresenta un momento di grande vulnerabilità, un periodo in cui mi sentivo sbagliato e sopraffatto. Pensavo che il mondo fosse un luogo ostile, dove la mia figura fosse solo un peso.
Oggi, pur non dimenticando quella sensazione, posso dire di aver imparato ad abbracciarla. Quel sentirsi “masticato” e “sputato via” mi ha insegnato a resistere, a vedere che posso farcela anche nelle difficoltà.
Il cambiamento è stato un processo lungo, fatto di accettazione di me stesso e del fatto che non c’è mai un rifiuto definitivo, ma solo una continua ricerca di connessione. Ora non cerco più di adattarmi a ciò che gli altri si aspettano da me, ma piuttosto di essere in pace con quello che sono. Voglio sottolineare “cerco”, perché ritengo non sia un processo così rapido, ma con il passare del tempo si può arrivare a concludere questa ricerca.
A distanza di anni, chi è LunasullaLune ora per te?
Non è più una figura che, oggi, posso descrivere con le stesse parole. Nel romanzo, voleva essere una presenza che mi permetteva di guardare oltre… Ora è una memoria, un’ombra che non sbiadisce, ma che si è dissolta nel tempo.
Non è facile spiegare chi sia, perché ciò che rappresentava allora si è trasformato in qualcosa di più complesso, che non posso racchiudere in una definizione.
Forse è proprio questo il suo significato: non è più parte della mia vita, ma resta lì, come un’eco che ancora parla senza farsi sentire.
Ogni opera che crei porta con sé un messaggio, una frase ispirazionale. Qual è il loro significato più profondo?
Mi piace immaginare che le parole che scrivo sulle mie opere siano come piccoli pezzi di un puzzle che raccontano la mia ricerca interiore. Non sono mai solo parole, ma un riflesso di quello che sento, vivo, e comprendo nel mio quotidiano.
Il significato più profondo di questi messaggi è legato all’idea di scoprire e riscoprire continuamente chi siamo, di andare oltre le apparenze e di affrontare le difficoltà con coraggio e autenticità.
Non c’è una sola verità in ciò che creo, ma una molteplicità di interpretazioni, perché credo che l’arte, come la vita, non possa essere definita da un’unica risposta.
Cosa diresti a chi, come noi, si rispecchia nella tua persona, nel Cristian che emerge da Ho parlato di te alla luna e lei mi ha regalato le stelle?
Che non siamo soli.
Quello che scrivo è il mio viaggio, ma so che, in qualche modo, spesso è anche il vostro. Se vi rispecchiate in quello che leggete, significa che ci sono esperienze, emozioni, silenzi e lotte che ci uniscono, che attraversano il tempo e lo spazio, e che, forse, possiamo vivere in modo più consapevole insieme.
A chi si ritrova nel Cristian del libro, direi che la vulnerabilità non è debolezza, ma una forza che ci permette di esplorare noi stessi e di connetterci con gli altri.
C’è qualche aspetto di te che non hai raccontato nel romanzo?
Ce ne sono molti.
Ma se non sono stati raccontati, è perché forse non sono ancora pronto. Ci sono emozioni, pensieri, parti di me che faticano ancora a uscire, che restano in silenzio, in un luogo che nemmeno io riesco sempre a esplorare del tutto.
Scrivere è anche questo: scegliere cosa portare alla luce e cosa lasciare nascosto, almeno per un po’. Forse un giorno troveranno uno spazio adeguato, ma credo che ogni cosa abbia il suo tempo per essere detta.
Dietro le quinte
In questa newsletter esploriamo il mondo dell’editoria, attraverso consigli utili per chi scrive o con contenuti rivolti a chi, come noi, vive per i libri. Nella nostra quotidinianità continuamo a lavorare come editor, correttori di bozze e anche scrittori e poeti.
Federico ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie: Nessuno può salvarci tranne l’evoluzione. Scritte in un periodo buio della sua vita – quando ha preso consapevolezza di soffrire di disturbi d’ansia –, queste poesie sono espressione del suo io più profondo e strumento di terapia. Il titolo è esaustivo: solo contando sulle proprie forze si può migliorare, evolvere ed essere una versione migliore di sé.
Per il nuovo numero cartaceo di Outpump, Jenny ha pubblicato il suo primo articolo: Cosa racconta una stilografica quando non scrive. Attraverso una visita anche fotografica all’azienda Montegrappa, l’articolo si sviluppa attorno alla storia e all’evoluzione del design della penna stilografica.
Stiamo inoltre lavorando a nuovi titoli per la casa editrice Edizioni Erickson (tra cui Rap in classe e Insegnanti sotto stress) e gestendo i social per Piaceremioni.
La casa editrice Scatole Parlanti ha pubblicato Visite e altri incontri di apparente marginalità di Marco Zenone, romanzo di cui abbiamo curato la correzione di bozze prima dell’invio, da parte dell’autore, del manoscritto alla casa editrice.